La figlia della fortuna di Isabel Allende

Isabel Allende è davvero una brava scrittrice: dietro ogni suo romanzo c'è una ricerca meticolosa per ambientare la trama nella storia e nella geografia e il suo stile è speciale perché riesce a dare moltissime informazioni con poche parole e ad inserire riflessioni e critiche alla storia come pillole, con nonchalance.
Mi accomuna (e lei ne ha ancor più il diritto in quanto cilena) la critica al colonialismo ma anche la voglia di capire, di incastrare i pezzi della storia perché questa si faccia più chiara e comprensibile.
In questo romanzo, "La figlia della fortuna", Isabel Allende riesce ad inserire tantissime informazioni, a raccontare la vita di una moltitudine di personaggi e, a mio parere, esagera, costringendo in trecento pagine un polpettone incredibile.
Questo non significa che il libro non mi sia piaciuto, anzi.
I miei capitoli preferiti sono stati quelli che raccontano la vita del medico cinese Tao Chi'en, mentre mi hanno profondamente annoiato le gesta del presunto bandito Joaquin.
Tao Chi'en è anche il mio personaggio preferito insieme a Rose Sommers, mentre Eliza mi è sembrata troppo testarda nell'inseguimento del suo sogno d'amore e anche il finale non mi ha dato la giusta soddisfazione.
Le mie parti preferite sono state quindi le critiche al colonialismo, agli inglesi e agli americani. 
Mi piace molto anche quando parla del Cile e dei cileni, lo fa con un autoironismo davvero notevole in tutti i suoi romanzi!
Consiglio di leggere "La figlia della fortuna" con calma, magari con qualche pausa.



Titolo originale: Hija de la fortuna (1999), traduzione di Elena Liverani

Tutte le mie note.

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