Parte 4/4: L'ascoltatrice di Marina Pierani

L'ascoltatrice di Marina Pierani è un libro che sei felice di aver letto. Prima di tutto perché regala emozioni, poi perché parla anche di storia, la storia di Piazza Vittorio a Roma, poi perché è sincero infine perché fa veramente riflettere. E guida perfettamente i miei pensieri.
Perché qui c'è l'accoglienza, qui c'è l'ascolto, qui c'è il mettersi sullo stesso piano, qui c'è "la voglia di espormi alla ricchezza del mondo".
Come dice Marina "il cambiamento infatti è fascinazione e terrore, ci attira e ci respinge".
Ma in Piazza Vittorio "il mondo ci è venuto a trovare. E se c'è chi arretra disorientato, c'è chi l'assapora".
"Ma sentirsi disorientati significa dubitare di sé".

Se volete leggere una splendida recensione di questo libro, potete passare da Giulia.

Questa accanto è una foto di piazza Vittorio, presa da internet.

Nel libro "Sono un italiano nero" mancava quello che si trova in questo.
L'ascoltatrice ha una vera empatia verso chi ascolta.
Non conduce l'ascoltato, lo accoglie (come spiega bene nel libro il significato di questa parola).

E grazie a questo libro ho capito che veramente non si può generalizzare, non si possono lanciare giudizi, non si può sentirsi superiori.

Ho parlato alle mie figlie e ho cercato di spiegare loro come spesso ci arrabbiamo quando entriamo in un giudizio generalizzato, questo ci infastidisce, ci fa male e sappiamo bene che non è giusto.
Per questo non dobbiamo cadere nell'inganno che i mezzi di comunicazione, o l'opinione della gente "ignorante", o la propaganda dei partiti, rischia di farci cadere.
Se gli immigrati commettono reati questo non significa che tutti gli immigrati sono delinquenti.
Ho utilizzato un esempio che ha lasciato il segno in mio marito. Si offende quando la stampa dipinge i tifosi atalantini come teppisti. Lui è sempre andato allo stadio e ha sempre visto che SOLO ALCUNI sono teppisti.
Quindi non vale lo stesso per gli immigrati?

Poi ho raccontato loro che molte volte queste persone vengono da paesi lontani, in cui si parla e si scrive in modo totalmente diverso da noi, arrivano qui, senza soldi, dopo lunghi viaggi estenuanti e vengono lasciati così, per la strada, senza nessun aiuto, né indicazioni su come comportarsi.
Come ci troveremmo noi se partissimo dal nostro amato paese per finire in Cina in quelle condizioni?

Dovremmo pensarci cento, mille, infinite volte a questo.

Se tutti i Bilal (dal film Welcome) che vengono in Italia (o in Europa) incontrassero un Simon forse qualcosa cambierebbe.

Però vorrei anche che tutti coloro che si lavano la bocca dicendo che non sono razzisti facessero qualcosa di concreto per dimostrarlo quando ne hanno la possibilità.
Non con le parole ma con i fatti.

E io? Io vivo ovattata nella mia vita, tutte le volte che ne ho avuto l'occasione ho cercato di conoscere, ma è successo poche volte e ne ho sempre un ricordo affettuoso, ma tutto vola e va...
Però  vale lo stesso con gli italiani. Non è che invito a casa molti conoscenti, non è che stringo tante nuove e profonde amicizie con cui passare tanto tempo...
Quasi tutto gira intorno alla scuola, all'oratorio (unico punto di incontro oltre la scuola nel mio paese), e ai vari corsi che frequento o frequentano le mie figlie.
E credo che molte poche persone conosciute a questi corsi siano venute a casa mia.

Commenti

  1. Ciao 'Milla!
    Grazie di aver ricordato questo libro, già tempo fa mi ero segnata di leggerlo, ma poi l'appunto si è perso nei mille altri, ora, dopo aver letto questa tua recensione mi sa che non indugerò oltre :)
    una gioiosa giornata
    StefiB

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