Parte 3/4: Welcome
E' un film molto bello perché è vero, profondo e scioccante.
La storia è intensa. Il finale non te lo aspetti.
Rifletti dall'inizio alla fine sull'immigrazione. E continui a farlo anche dopo.
Non so se è stata una mia impressione ma mi è parso di notare una critica verso i volontari che assistono gli immigrati.
Il protagonista mette in pericolo la propria reputazione per avvicinarsi al ragazzo clandestino, gli dà una parte di sé e lo accoglie nel vero senso della parola.
I volontari impegnati nell'assistere, nutrire e difendere gli immigrati si mantengono in una posizione protetta, non si mettono mai totalmente in gioco.
E' da parecchio che rifletto sul senso dell'assistenza. Un conto è la prima assistenza ma poi continuare ad assistere è come voler continuare a mantenere nell'indigenza.
La fame del mondo non si risolverà mai mandando derrate alimentari a chi ne ha bisogno. Anzi forse si manterrà sempre proprio per questo (vedi interessi in gioco).
Io in questo film ho voluto vedere questo.
"Ti aiuto ma stammi lontano" contro "Non so proprio come aiutarti ma ti sto vicino" in un gesto istintivo, paterno, non ragionato e pensato: un gesto d'amore.
Un'altra riflessione che mi tormenta è il motivo per cui tantissime persone rischiano la vita e vivono in condizioni così disumane. Mi chiedo ma sono veramente così drammatiche le condizioni del loro paese natio per accettare questo?
A volte credo proprio di sì ma altre mi viene il dubbio che ci siano organizzazioni criminali che pubblicizzano la vita all'estero invitando a partire, per poi avere schiavi pronti da mercificare.
Cosa possiamo fare noi se non vogliamo essere né assistenzialisti, né razzisti né indifferenti?
Un'arma (come la chiamo sempre) potente viene ancora dal consumo.
Comprando prodotti "taroccati" contribuiamo allo sfruttamento.
L'altra arma invece è nel nostro cuore, aprire le braccia, accogliere, condividere (vedi prossimo post).
Poi ognuno ha la sua misura.
Per qualcuno sarà sufficiente essere aperto alla conoscenza, salutare, chiacchierare, invitare a giocare il compagno del figlio. Basterà questo ad abbattere la barriera della diffidenza.
Conoscere è il primo passo verso "l'integrazione", se ci piace questa parola.
La storia è intensa. Il finale non te lo aspetti.
Rifletti dall'inizio alla fine sull'immigrazione. E continui a farlo anche dopo.
Non so se è stata una mia impressione ma mi è parso di notare una critica verso i volontari che assistono gli immigrati.
Il protagonista mette in pericolo la propria reputazione per avvicinarsi al ragazzo clandestino, gli dà una parte di sé e lo accoglie nel vero senso della parola.
I volontari impegnati nell'assistere, nutrire e difendere gli immigrati si mantengono in una posizione protetta, non si mettono mai totalmente in gioco.
E' da parecchio che rifletto sul senso dell'assistenza. Un conto è la prima assistenza ma poi continuare ad assistere è come voler continuare a mantenere nell'indigenza.
La fame del mondo non si risolverà mai mandando derrate alimentari a chi ne ha bisogno. Anzi forse si manterrà sempre proprio per questo (vedi interessi in gioco).
Io in questo film ho voluto vedere questo.
"Ti aiuto ma stammi lontano" contro "Non so proprio come aiutarti ma ti sto vicino" in un gesto istintivo, paterno, non ragionato e pensato: un gesto d'amore.
Un'altra riflessione che mi tormenta è il motivo per cui tantissime persone rischiano la vita e vivono in condizioni così disumane. Mi chiedo ma sono veramente così drammatiche le condizioni del loro paese natio per accettare questo?
A volte credo proprio di sì ma altre mi viene il dubbio che ci siano organizzazioni criminali che pubblicizzano la vita all'estero invitando a partire, per poi avere schiavi pronti da mercificare.
Cosa possiamo fare noi se non vogliamo essere né assistenzialisti, né razzisti né indifferenti?
Un'arma (come la chiamo sempre) potente viene ancora dal consumo.
Comprando prodotti "taroccati" contribuiamo allo sfruttamento.
L'altra arma invece è nel nostro cuore, aprire le braccia, accogliere, condividere (vedi prossimo post).
Poi ognuno ha la sua misura.
Per qualcuno sarà sufficiente essere aperto alla conoscenza, salutare, chiacchierare, invitare a giocare il compagno del figlio. Basterà questo ad abbattere la barriera della diffidenza.
Conoscere è il primo passo verso "l'integrazione", se ci piace questa parola.
Film molto bello, ma che ti scortica, ti impone di riflettere (ne parlavo anche in un mio post.
RispondiEliminaMolto bello e vero quando dici "Non so proprio come aiutarti ma ti sto vicino". È l'unico modo di aiutare realmente.
D'altra parte il volontariato per così dire organizzato si ritrova a dover mediare tra un desiderio di aiuto e un rispetto delle leggi. C'è sempre il rischio, se si va troppo contro la legge, di dover poi interrompere il proprio operare. È molto spesso un'azione border-line.
Il discorso sull'invio di aiuti è molto complesso. La massima aspirazione è che non ce ne sia più bisogno, ma intanto che, rifacendosi ad un famoso esempio, hanno imparato a pescare, ci sono sempre delle persone che stanno morendo di fame. C'è bisogno sia di inviare cibo sia di insegnare loro a procurarsi il cibo. Una sola di queste azioni non risolve.
Le condizioni di moltissimi paesi sono tali che anche quelle condizioni che si vedono nel film (o tante altre simili, vedi l'italiano 'oro rosso') sono migliori, hanno comunque più speranza. Ed è proprio in questa situazione che si inseriscono le organizzazioni criminali.
Non sono direttamente loro a 'pubblicizzare' la nostra vita. Ci pensa la televisione. Ricorda cosa successe con l'Albania: pensavano realmente che l'Italia fosse tutta come la nostra pubblicità, tutti che vivevano in un mulino, con macchine favolose, con sempre merendine da mangiare, liquori da bere, ecc. ecc.
Pace e benedizione
Julo d.
Guardo e poi ti dico! Grazie, un bacio.
RispondiEliminaInteressantissimo questo post e anche quelli precedenti,io sono stata in missione in brasile (salvador de bahia) e in ghana, e forte é la voglia di tornare in africa per un tempo più lungo, magari se Simone prenderà l'aspettativa per qualche mese.Condivido quello che dici, ho comprato da poco un libro in inglese di una ragazza africana che ha studiato negli USA e dice che gli aiuti internazionali al suo continente ne causano la rovina perchè alimentano un senso di impotenza, frustrazione e di dipendenza dall'altro (bianco, europeo).Ai corsi di preprazione nell'ONG il tema principale é come aiutare senza proporre anche una visione di superiorità etnocentrica nei nostri confronti.Nello stesso tempo, essendoci stata, molte volte si compiono sbagli dicendo semplicemente "é la loro cultura, non dobbiamo cambiarla" anche qaundo si tratta ad esempio di pratiche igieniche/mediche/sessuali sbagliate e dannose.Guarda é una questione molto controversa e anche io non ho ancora capito bene cosa pensare.Mi ispira anche il film dopo la tua recensione.Grazie, questi argomenti mi toccano e mi interessano moltissimo.
RispondiEliminabella recensione in effetti, l'ayteggiamento è ti aiuto ma non coivolgermi, perchè il coinvolgimento mette in gioco se stessi e il proprio mondo :-))
RispondiEliminaMeno male che non sono stata fraintesa...Avevo paura ad affrontare questo argomento.
RispondiElimina@Carissima Daniela mi fa molto piacere il tuo commento perché viene da qualcuno che ha vissuto quello di cui io ho solo sentito parlare.
Per esempio non sapevo di questo approccio dei corsi delle ONG, mi stupisce favorevolmente!
L'ha visto mia figlia diversi mesi fa e mi ha detto essere "il più bel film che avesse visto"! io ce l'ho sulla lista dei film da vedere...
RispondiEliminaStefiB
Questo film è piaciuto molto anche a me.
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